Acquedotto

PROCESSIONE DEI MISTERI, IL MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO

Dolore e speranza, preghiera e azione: Sua eccellenza monsignor Filippo Santoro guarda alle piaghe che affliggono la comunità ionica, e indica la direzione. Vede la svolta nel post elezioni: “Ecco la sfida del cambiamento. Sfruttiamola bene insieme!”

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Cari fratelli e sorelle,

assistiamo al racconto dell’amore vero, di quello che tutti cerchiamo, di quello a cui tutti tendiamo. Guardando scorrere la lenta processione dei Misteri, ognuno di noi apra il cuore con meraviglia e gratitudine alle parole del Quarto Vangelo, quando in colloquio notturno, Gesù sussurra a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo e ci ha mandato suo Figlio» (cfr. Gv 3, 16-18). Chiediamo di accogliere e di vivere  l’amore di Dio guardando Gesù. Vedendolo prostrato sotto la croce dobbiamo sentire bruciante in noi il suo giudizio di misericordia, in lui viene distrutto il peccato che ci rende schiavi e risorge il peccatore redento e abbracciato dalla sua passione, dalla sua croce, dalla sua risurrezione. Indugiamo con lo sguardo su questi simboli della nostra fede. Guardate Gesù, è sulla croce per attrarre tutti a sé. Il cammino dell’uomo della croce è il cammino di Dio che ci cerca, è il cammino del nostro Dio prossimo, Dio ci è vicino, Dio viene ovunque tu sia. La passione di Cristo è il modo di Dio di poter raggiungere qualsiasi peccatore. Gesù bussa ad ogni cuore e chiede di entrare proprio lì dove c’è buio, dove la speranza sembra non avere posto.

In questa Settimana Santa ho già manifestato ciò che sento sulla situazione della nostra terra e sui suoi problemi. Anche questa sera non sono assenti, anzi sono il contenuto delle nostre preghiere, le complesse situazioni tarantine a partire dall’emergenza ambientale, della salute quindi e del lavoro. Quale contesto migliore per ricordare le parole del Beato Paolo VI che proprio 50 anni fa volle celebrare la messa di Natale nello stabilimento Italsider e quanto risuonano così disattese le sue parole profetiche! In quella notte il papa ebbe a dire: “Prima e dopo tutto la vita è la cosa più importante d’ogni altra; l’uomo vale più della macchina e più della sua produzione”.

Ognuno deve fare la sua parte per non arrossire di fronte a queste parole pronunciate mezzo secolo fa come penso anche a tutte le persone che sono costrette a curarsi lontano da questa città che è sferzata quotidianamente dall’inquinamento, affrontando prove indicibili umane ed economiche. Ho anche ricordato i disagi dei nostri ragazzi e dei nostri giovani per i quali è necessario aprire ed incrementare percorsi di legalità e di formazione perché possano vivere in questa città e perché qui possano progettare il loro futuro. Ho qui accanto a me, insieme alle autorità religiose il Signor Prefetto e il signor sindaco di Taranto: “Stimate autorità, oltre che a livello nazionale, raccogliamo anche qui la sfida del cambiamento che è emersa che è emersa fortemente dalle ultime elezioni! Con tutte le persone di buona volontà non possiamo perdere questa occasione, sfruttiamola bene insieme!”.

E per cominciare a farlo vorrei immergermi con voi in questo splendido scenario della fede costituito dalla secolare processione dei Misteri. Il suo significato è chiaro: il Signore sta in mezzo a noi, viene a cercarci; lui ci cerca e con Lui ci cerca la Chiesa che papa Francesco vuole vicina alla gente come ospedale da campo. Dal Cristo che porta la croce per i nostri peccati fiorisce l’opportunità di ritrovarci insieme, uniti nella stessa fede per dare una risposta forte che ci renda solidali gli uni con gli altri, per il bene comune.

Ieri ho confessato per molto tempo nella nostra cattedrale. Tanti fedeli vedendomi lì hanno sentito il desiderio di venirmi a salutare dicendomi: non avevo in progetto di confessarmi, ma poi vedendola a disposizione mi sono avvicinato ed eccomi a ripensare la mia vita.

In cuor mio ho pensato se la mia persona può essere un richiamo, come sacerdote, come ogni sacerdote che nel confessionale amministra il perdono di Dio, come non può essere un richiamo il volto sofferente di  Cristo che passa per le nostre strade. Ieri un papà mi ha confessato: «Padre perdonami con la droga ho distrutto la mia vita, la mia famiglia e altre famiglie con lo spaccio». Ed una donna «Non sono venuta per confessarmi, ho solo bisogno di conforto per la sofferenza che mi danno i miei figli e non so come aiutarli perché sono vuota io, preoccupata della casa e dell’azienda di mio marito che ha grossi problemi». Una carezza, la parola del nome stesso di Gesù, l’invito a continuare ad avere fiducia in Dio e le lacrime scendevano abbondanti a guarire e purificare, aiutando a vincere il vuoto. Con Gesù c’è sempre salvezza nessuno disperi. Almeno il giorno di Pasqua il Signore ti aspetta nella mensa eucaristica per riempirti di pace.

Un giovane mi ha chiesto: «padre perché ho perso mio fratello con una brutta malattia? Era buono ed era una persona di fede. Perché?». Ma a queste domande che mettono in evidenza i limiti della nostra condizione umana, nell’imminente, non risponde con una formula neanche il Signore che però ci invita a passare nel deserto della prova, nella valle oscura tenendo la sua mano. Allora si condivide e ci si stringe nella fede. «Anch’io -gli ho detto – in questi giorni sto perdendo una mia amica venuta dal Brasile che si è sposata in Italia e sta lottando contro una brutta malattia. Suo marito mi chiama e mi chiede conforto. Prego in ginocchio, chiedo il miracolo e dinanzi alla nostra fragilità ci affidiamo al crocifisso, questo amore più grande, senza del quale tutto si perde e scompare». In Gesù niente e nessuno andrà perduto. La verità della vita che nel Signore ci è data per sempre è il cuore più intimo della nostra fede.

Le piaghe di Gesù hanno il potere di guarire e trasfigurare. Lì dove l’uomo si rassegna, Dio può invece dare la forza di ripartire. Penso in questo momento ad una mia amica, figlia di questa chiesa tarantina. Si chiama Giusi, è affetta da Sla, completamente immobile nel suo letto.  Quando vado a trovarla mi comunica, attraverso gli occhi e l’ausilio si un sistema informatico, la sua gioia di credere in Dio. Per il mondo cosa rappresenta una persona affetta da una malattia così grave? Sicuramente una persona sfortunata, magari costituisce proprio un inciampo della fede, perché non riusciamo a comprendere i progetti di Dio. Invece assistiamo ad una miracolo operato dalla fede, in un corpo visitato dalla malattia,  che è assetato di cure, nasce una fonte di amore e di speranza per gli altri perché come tanti altri, anche io da quella stanza sono uscito rinfrancato da un incontro forte, dall’abbraccio stesso di Dio.

Oggi gridiamo la nostra sete a Dio ed egli sarà nostra fonte, la fonte stessa della vita. Quando vediamo il Cristo Morto, oltre che ha ricordare il mistero della nostra morte e di quella dei nostri cari, la condivisione piena della natura umana da parte del Signore, chiediamoci anche: quanto vale la vita di un uomo? Vale la stessa vita di Dio. Il Cristo che suda sangue nell’orto degli ulivi, flagellato, che porta a la corona di spine, carico della croce e inchiodato ad essa, Gesù che rende lo spirito al Padre gridando e reclinando il capo, è il tuo prezzo, il prezzo di ciascuno di noi. Ciascuno di noi di fronte al Padre vale un infinito amore. Ed è bello che con questa condivisione di fede noi possiamo senza dubbio affermare che tutti abbiamo la stessa dignità al solo pensiero che Dio ha donato la sua vita per tutti.

Dio che si offre per gli uomini è il motivo per il quale la Chiesa deve essere dalla parte degli ultimi e deve fare sue le preghiere di ognuno perché su quelle spalle piagate ci sono tutti gli uomini. La mia preghiera non può che essere quella per la città di Taranto, per tutti i tarantini. Nel cammino della Via Crucis anche Nostro Signore cade tre volte sotto la croce e la sua morte è così drammatica che il sole, come dicono i nostri antichi canti, piange e oscurandosi si lista a lutto, la terra si commuove e trema e la cortina del tempio si squarcia nel mezzo. La pietra rotolata sulla bocca del sepolcro è un grosso ostacolo. Ma il Padre non abbandona il suo giusto, il suo santo: la preghiera più intima, nascosta ai sensi del mondo, è quella del seme che sotto la terra porta in sé la vita! Continuiamo a perseverare, a porre le basi per il Regno di Dio, per la civiltà dell’amore, per una città che sia ambiente degno e accogliente, che impari a stringersi intorno ai grandi problemi, a rinnovarsi. Carissimi fratelli e sorelle, dinanzi al Signore che soffre e che muore non comportiamoci come turisti, che guardano e vanno via. Tiriamo fuori il coraggio e la nostra responsabilità. Dinanzi alla Madre addolorata chiediamo il suo sguardo e il suo soccorso Invochiamola per la nostra famiglia, per la nostra vita, per la nostra città.

Che il Vangelo raccontato dai simulacri sia vissuto nel concreto della nostra quotidianità, quando incontriamo il dolore delle madri e dei padri, le persone prostrate dalla malattia, gli uomini e le donne scherniti e allontanati perché ai margini per povertà, ragione sociale e etnia.

Vorrei infine farvi una raccomandazione. Vi siete assiepati per osservare le scene della passione di Cristo ma sappiate che il Signore vi invita alla sua tavola, all’ascolto della parola di Dio e alla mensa eucaristica. Per questo il Signore ha istituito i sacramenti del suo amore, particolarmente la confessione e l’eucaristia. Partecipate alla messa pasquale, solo così l’abito del lutto si cambierà in quello della gioia. L’incontro che per un istante si rinnova e ci riempie di pace va seguito. Al buon ladrone è bastato un istante di decisione e di abbandono al Signore per sentirsi dire: “Oggi sarai con me in paradiso”. Vorrei anche salutare tutti i tarantini lontani. Una amica mi ha telefonato dall’Emilia Romagna dove si è trasferita per  lavorare con il marito e mi ha detto: «Quanto mi manca Taranto! Qui nel centro nord i Misteri non sono partecipati come da noi. Taranto è speciale: sentire il Signore vicino a noi per le strade, nella notte, nel giorno. È un conforto ed è luce sulla vita della mia famiglia».

Dinanzi a tutto questo pronunciamo  il nostro sì, la nostra responsabilità dinanzi al Signore, alla vita, alla nostra città. Difendiamo e custodiamo questo patrimonio di fede, di vita e di cultura. L’amore di Gesù sino alla fine e la protezione dell’Addolorata non ci abbandoneranno mai.

Vi abbraccio uno ad uno e vi benedico.

Buon pellegrinaggio.

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo,

perché con la tua santa croce hai redento il mondo!

 

 

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