EX ILVA, PARTITA NUOVA CASSA INTEGRAZIONE

LA PREOCCUPAZIONE DEL SEGRETARIO CISL SOLAZZO

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– È cominciata oggi una nuova tranche di cassa integrazione nel siderurgico di Taranto ArcelorMittal, ex Ilva. Durerà 12 settimane e coinvolgerà un numero massimo di 8.100 unità, praticamente l’intera forza lavoro dello stabilimento. La cassa avrà come causale ordinaria per questa settimana, dopodiché diverrà cig Covid in base alla proroga prevista dall’ultimo decreto legge Sostegni. L’effettivo utilizzo dell’ammortizzatore sociale ha coinvolto dalle 3mila alle 4mila unità. La richiesta è avanzata per un numero maggiore sia per consentire la rotazione che la flessibilità gestionale. La cassa Covid è in corso da ArcelorMittal da un anno con numeri alti. Prima della cassa Covid, l’azienda aveva fatto uso della cassa ordinaria per crisi di mercato già da luglio 2019. Gianfranco Solazzo, segretario Cisl Taranto, in una dichiarazione afferma che “la situazione ex Ilva sta mettendo alle strette l’intero sistema produttivo diretto, dell’indotto e dell’appalto e soprattutto gli assetti occupazionali, senza per di più risolvere alcun problema di natura ambientale e di sicurezza sul lavoro”. “La conseguenza ulteriore – sostiene Solazzo – è la crisi anche di quei sistemi produttivi nazionali che necessitano dell’acciaio, come lamentato nei giorni scorsi sul Sole 24 Ore dalle associazioni d’impresa, che denunciano la mancanza di prodotti piani, coils e lamiere ed una crisi che sta mettendo in ginocchio tutto il comparto dell’automotive e deglielettrodomestici”. “ E’ superfluo ricordare – aggiunge il segretario Cisl – che tutto ciò significa ulteriori migliaia di posti di lavoro a rischio. Ciò che preoccupa maggiormente è lo stato di incertezza (ormai decennale) sui livelli produttivi dell’ex Ilva se è vero che il 2021 doveva essere, per il polo siderurgico l’anno del rilancio, con il ritorno a 5 milioni di tonnellate/anno, l’avvio di investimenti in impianti e ambiente e l’ingresso rapido dello Stato nel capitale di Am Investco”. “Ed invece – dichiara Solazzo – una serie di comportamenti esiziali stanno portando alla chiusura dello stabilimento, senza alcuna proposta alternativa e concreta sul versante dell’occupazione e, dunque,  alla potenziale perdita del lavoro per circa 20mila dipendenti tra diretti e indotto e, non ultimo, alla messa in discussione della sovranità industriale del Paese sull’acciaio”.  “Ebbene – conclude Solazzo – salute e lavoro non possono più attendere e proprio questo è stato il messaggio delle organizzazioni sindacali che hanno manifestato il 26 marzo presso il Mise  in occasione dell’incontro con il ministro Giorgetti sulle centinaia di vertenze aperte”. (AGI)

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