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EX ILVA, IL GIORNO DELLE AUDIZIONI IN SENATO

GLI INTERVENTI DI SINDACATI E ASSOCIAZIONI DATORIALI

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In caso di amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia, i 320 milioni previsti come importo massimo per il 2024 non sono sufficienti per garantire la continuita’ produttiva degli impianti ex Ilva. Lo ha affermato Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, in audizione alla Commissione Industria e Agricoltura del Senato. ‘In sede di conversione del decreto’ sull’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia, ‘fermo restando le preoccupazioni, vanno indicate sia la continuita’ aziendale sia la continuita’ produttiva, perche’ la continuita’ aziendale non sempre garantisce la continuita’ produttiva’, ha detto De Palma, spiegando che ‘stabilire un limite massimo nel decreto per il 2024 di 320 milioni di euro’ e’ una cifra non sufficiente, in quanto ‘320 milioni non sarebbero neanche le premesse per garantire gli appalti e avere l’approvvigionamento necessario per dare continuita’ alla produzione’.


Le aziende dell’indotto dell’ex Ilva di Taranto, riunite nell’associazione Aigi, non sono favorevoli all’amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia ma se questa fosse l’unica scelta possibile, chiedono di prevedere il pagamento dei crediti da loro vantati verso la societa’ ‘che non ha asset ma affitta gli impianti’ da Ilva in amministrazione straordinaria. ‘Entrare oggi in un’altra amministrazione straordinaria rischia di vedere il default di tutto il territorio ionico, non solo tarantino’, ha dichiarato il presidente di Aigi, Fabio Greco, in audizione alla Commissione Industria e Agricoltura del Senato. ‘Qualora l’unica possibilita’ fosse l’amministrazione straordinaria’, la richiesta di Aigi e’ di prevedere che ‘il fondo di cui si parla per 320 milioni di euro, venga immediatamente versato all’indotto, diversamente la manutenzione dell’impianto andra’ sempre peggio e si fermerebbe completamente’. Senza la procedura di amministrazione straordinaria, la proposta di Aigi e’ di permettere una cessione dei crediti ‘in pro-soluto presso un istituto bancario di vostra garanzia’ e in ogni caso Aigi – a fronte dei 150 milioni di euro di crediti vantati verso l’Ilva in amministrazione straordinaria – almeno di riavere ‘i 30 milioni di euro di Iva gia’ versati’.

Sul fronte del lavoro, la richiesta di Aigi e’ di ‘non far diventare Taranto la citta’ dei cassa integrati. Noi vogliamo lavorare, chiediamo di lavorare perche’ facciamo lavorazioni di manutenzione particolari richiesti in tutta Europa’ e comunque, a fronte del fatto che ci sono gia’ 2.640 lavoratori dell’indotto in cassa integrazione, la richiesta e’ di trovare una soluzione ‘con l’Inps che non gravi sulle aziende’.


Le priorita’ per l’ex Ilva di Taranto devono essere ‘scongiurare la perdita dei crediti da parte dell’indotto e lo spegnimento dello stabilimento, per il quale serve continuita”. E’ la richiesta di Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, in audizione alla Commissione Industria e Agricoltura del Senato. ‘Apprezziamo l’interesse del governo verso questa problematica. Noi siamo fortemente preoccupati.

Si rischia una bomba sociale sul territorio. Taranto non puo’ permettersi che lo stabilimento chiuda e senza il pagamento dei crediti, molte aziende dell’indotto chiudono’, ha aggiunto Toma, aggiungendo di ‘apprezzare lo sforzo fatto con il decreto’ ma la richiesta e’ che ‘in fase di conversione, in caso si dovesse arrivare all’amministrazione straordinaria, si preveda di ristorare i crediti perche’ il territorio non puo’ sopportare mancati pagamenti’. In questo quadro, di fronte al pericolo di ‘uno spegnimento’ dell’impianto ‘chiediamo e diamo la disponibilita’ come Confindustria per capire come dare continuita’ allo stabilimento e a un cambio di management’, aggiungendo un invito ‘a prendere in considerazione le famiglie italiane dell’acciaio come partner privati’.


Se per Acciaierie d’Italia si procedera’ con l’amministrazione straordinaria, andra’ garantita la continuita’ produttiva dell’ex Ilva, oltre ai lavoratori e alle imprese dell’indotto. E’ la richiesta avanzata da Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, audizione alla Commissione Industria e Agricoltura del Senato. ‘La situazione e’ drammatica, c’e’ un solo altoforno in funzione, tutti impianti a freddo sono fermi. Quasi tutti i lavoratori della manutenzione sono in cassa integrazione’, ha detto Palombella, sottolineando che ‘questo e’ uno dei decreti piu’ importanti, che puo’ salvaguardare 20mila lavoratori, le loro famiglie, l’ambiente e la produzione dell’acciaio’. E per farlo, ‘la continuita’ produttiva deve essere attivata, bisogna comprare la materia prima, comprare i pezzi di ricambio e riprendere l’ambientalizzazione’. Per questo scopo, ha continuato Palombella, ‘i primi 320 milioni a disposizione – previsti dal decreto – dovranno tenere in considerazione sia la continuita’ produttiva, sia i lavoratori e imprese indotto’, sottolineando che ‘garantire il credito di tutto l’indotto e’ indispensabile per la ripresa’. Sul fronte del lavoro, la Uilm chiede di ‘integrare’ il decreto nella parte relativa alla cassa integrazione, prevedendo che questo strumento ‘non sia usato in maniera unilaterale’ e inserendo ‘all’interno del decreto una integrazione della cassa integrazione ed estendere a tutti i lavoratori dell’indotto’. Sul pagamento della cassa integrazione, pur riconoscendo le difficolta’ delle aziende dell’indotto, la Uilm ha insistito sul fatto che ci sia ‘l’anticipazione da parte delle imprese o che almeno l’Inps acceleri i tempi di erogazione’.

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