ILVA: “METALLI PESANTI AL DI SOTTO DEI LIMITI”

L'azienda ha ufficializzato i risultati di una indagine compiuta da una equipe medica dell'Università di Bari

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Secondo l’Ilva non vi è “alcuna differenza significativa tra le concentrazioni dei metalli dei lavoratori potenzialmente esposti rispetto a quelli non esposti”. E’ quando afferma il gruppo siderurgico a seguito di uno studio, “commissionato da ILVA in Amministrazione Straordinaria ed eseguito da un’equipe medica, guidata dai professori Piero Lovreglio e Leonardo Soleo, del Dipartimento Interdisciplinare di Medicina, Sezione di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Bari”.

I dati – rileva il gruppo siderurgico – “porta alla luce risultati diagnostici utili sia ai lavoratori che al mondo della ricerca e traccia una valutazione nel campo dei rischi legati all’impatto degli elementi metallici sulla salute dei lavoratori coinvolti nella produzione di acciaio. I risultati del biomonitoraggio, realizzato nell’ambito delle valutazioni condotte per verificare l’esposizione dei lavoratori ILVA dello stabilimento di Taranto ai metalli pesanti, hanno permesso di verificare che i valori sono al di sotto dei limiti di riferimento. Da aprile a luglio dello scorso anno, 856 dipendenti sono stati sottoposti al progetto di monitoraggio biologico che prevedeva analisi di sangue e urine. Di questi, 755 dipendenti sono stati scelti tra coloro che vengono considerati potenzialmente esposti ai metalli pesanti, quali, piombo, mercurio, zinco, manganese, cromo, cadmio nichel, rame, arsenico e cobalto, e che prestano servizio, in prevalenza, nelle aree esposte alla presenza di questi metalli: Sbarco Materie Prime, Parchi Minerali, Agglomerato, Altoforno 1 e 4, Acciaieria 2, Servizi Acciaierie, Officina di manutenzione centrale. Mentre altri 101 i lavoratori sono stati scelti tra coloro che sono in attività presso il reparto Imbarco prodotti finiti, in un’area in cui non esiste una potenziale esposizione e pertanto i lavoratori sono considerati “non esposti”.

“Dalle analisi chimiche -afferma Ilva –  sui campioni di sangue e urine, effettuate nel Laboratorio di Tossicologia Occupazionale dell’Università di Brescia, emerge che per gli 856 dipendenti monitorati non sono stati riscontrati valori superiori a quelli di riferimento della popolazione non esposta riconducibili ad una potenziale esposizione di origine professionale. Dai risultati non viene rilevata alcuna differenza significativa tra le concentrazioni dei metalli dei lavoratori potenzialmente esposti rispetto a quelli non esposti. Lo studio offre, inoltre, a beneficio di tutti gli stakeholder, nozioni scientifiche accreditate tese a garantire la sicurezza e la salute di tutti i lavoratori. I limiti di riferimento presi in esame e con i quali sono stati confrontati gli esiti delle analisi sono quelli fissati da enti accreditati come l’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH), lo SCOEL (comitato scientifico europeo per i limiti di esposizione occupazionali) e la società Italiana Valori di Riferimento (S.I.V.R.). A questi in una logica di massimo rigore sono stati affiancati gli indici di riferimento, ancora più stringenti, del Laboratorio di Tossicologia Occupazionale dell’Università di Brescia”.

Ilva ha messo a disposizione dei sindacati a relazione.

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