OTTAVIO CRISTOFARO: I GUAI DI TARANTO, LA PROSPERITÀ DI MARTINA FRANCA

Il giornalista ha presentato al pubblico il suo libro “Popolo diletto”, legato alla figura di San Giovanni Paolo II e alla sua visita in terra ionica

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di Paolo ARRIVO

 

Ci sono immagini con cui puoi dialogare. Santi che puoi interpellare trovando risposte in un viaggio atemporale, chiedendo aiuto e presenza: la forza dell’illuminazione, il coraggio della perseveranza. Uno di questi è Giovanni Paolo II (1920-2005), figura cara a Ottavio Cristofaro, autore del libro “Popolo diletto”, edito da Posa edizioni. Il volume è stato presentato nella serata di lunedì scorso a Martina Franca. Un momento importante per l’intera comunità che ha potuto rivivere quanto accaduto 31 anni fa. L’incontro è stato realizzato nella basilica di San Martino, nell’ambito delle iniziative per la festa patronale. Il papa fu accolto a Martina Franca il ventinove ottobre 1989. Erano gli anni in cui la cittadina ridente della Valle d’Itria si configurava come fiore all’occhiello dello sviluppo nel sud Italia, sotto l’impulso del settore manifatturiero, in forte crescita, per poi vivere di rendita. Al suo arrivo, il pontefice trovò una fiumana di gente, sin dall’ingresso in città. I fedeli lo accompagnarono sino in piazza XX Settembre, dove tenne il discorso finale. Un successo non affatto casuale. Karol Wojtyla, infatti, era un papa che fiutava la città e le sue emergenze, che aveva una prospettiva a lungo respiro di questo territorio. Che parlava di “ecologia umana”, di un’opera di rivitalizzazione e di nuova semina.

“Come nasce l’idea del libro? Nell’89 io avevo solo tre anni – ricorda l’autore al nostro giornale – e fui costretto dal mio papà a restare a casa mentre lui, cineoperatore, andava in giro a fare filmati. A 25 anni da quella visita decisi di fare un docufilm mettendo insieme le immagini pubbliche con quelle inedite realizzate da mio padre. Fu proiettato al teatro Verdi in una sala gremita. A 30 anni una nuova proiezione pubblica voluta dall’amministrazione comunale. In quella circostanza mi fu suggerita la possibilità di una pubblicazione testuale, che avrei potuto arricchire del materiale raccolto successivamente in quegl’anni. Decisi di raccogliere la sfida e pubblicare. Per via della pandemia, il libro è uscito con qualche mese di ritardo”.

Popolo diletto può essere strumento di memoria collettiva, non soltanto per la generosa comunità di Martina Franca, in riferimento a quella fase di transizione economica. I contenuti del discorso restano attuali: “Parlando in maniera profetica di ecologia umana il papa denunciava la crisi ambientale, la scarsa attenzione delle istituzioni sulla tematica, l’incapacità di mettere assieme le ragioni di salute e lavoro”. Ecco il riferimento alla realtà di Taranto. Alla grande industria, che nell’opera di Ottavio Cristofaro compare come una presenza ingombrante: “Il raddoppio della fabbrica è il grande errore che fu fatto negli anni Settanta, per cui di fatto si rese impossibile la convivenza pacifica tra la comunità e una fabbrica diventata più grande della città”. Il giornalista e scrittore arriva ai giorni nostri mostrando forte sensibilità verso la tematica. Per quella ambientale e per i contenuti della fede di cui la stessa opera è permeata. Non può non averla per la formazione solida avviata in ambito ecclesiale: classe 1986, Ottavio Cristofaro ha mosso i suoi primi passi in Radio Cittadella, poi a Nuovo Dialogo, il settimanale dell’arcidiocesi di Taranto che gli diede la possibilità di diventare pubblicista. Prima ancora, fu don Martino Mastrovito a favorire l’incontro tra Ottavio Cristofaro e il Santo Padre: “Avvenne a Roma in occasione di una funzione privata al seminario. Un’esperienza unica, straordinaria. Il papa aveva una luce tutta sua. Della visita a Martina Franca avevo conservata una sola immagine, piuttosto labile per via dell’età: quella del papa affacciato al balcone”. Benedisse l’intera provincia ionica, in particolare una città che “9 anni prima era stata raggiunta dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Allora si aprì il grande ciclo delle visite che avrebbero segnato per sempre il volto di Martina Franca”.

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