LEGAMBIENTE CONTRO ACCIAIERIE: “VALUTAZIONE IMPATTO AMBIENTALE E’ NECESSARIA”

"ALL'AZIENDA NON IMPORTA NULLA DEL TERRITORIO"

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Dure critiche di Legambiente ad Acciaierie d’Italia per la volontà di non presentare la Valutazione di Impatto Ambientale.

La pretesa di Acciaierie d’Italia che, secondo quanto riportato dalla stampa, ritiene che manchino i presupposti per la presentazione di una valutazione preventiva dell’impatto sanitario dello stabilimento siderurgico di Taranto, è inaccettabile: non c’è nessuna legge che le vieti di fornire quella che appare, a qualunque comune mortale, una collaborazione doverosa.

Tale pretesa tuttavia non ci stupisce, costituendo la mera conferma di un atteggiamento contraddistinto dalla scarsa o nulla attenzione nei confronti del territorio in cui l’azienda opera: per questo avevamo già chiesto al Governo, in sede di conversione dell’ultimo decreto “salvaIlva” di specificare l’obbligo di tale valutazione per gli impianti industriali “di interesse strategico nazionale”, e quindi anche per l’ex Ilva di Taranto.

Per questo torniamo oggi a  chiedere  al Governo di intervenire con un decreto legge che chiarisca l’obbligo di effettuare immediatamente, e con effetto vincolante sulla capacità produttiva massima dello stabilimento siderurgico, una valutazione preventiva di impatto sanitario secondo le linee-guida VIS definite dall’ISS e adottate dal Ministero della Salute.

 

Rammentiamo a tutti che la valutazione dell’impatto sanitario – già espressamente disciplinata nell’ordinamento legislativo italiano dall’articolo 12 del D.Lgs. 104/2017 per le centrali termiche, i grandi impianti di combustione, gli impianti di raffinazione, gassificazione, liquefazione – in base alla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 983 dell’11 febbraio 2019, è comunque, necessaria quando le concrete evidenze istruttorie (nel procedimento di valutazione di impatto ambientale e nella procedura per il rilascio dell’A.I.A.) dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica.

Rammentiamo anche, a tale proposito, che la Valutazione del Danno Sanitario provocato dalle emissioni degli impianti ex Ilva prodotta a maggio del 2021 da Arpa, Aress Puglia e Asl Taranto, nell’ambito del procedimento di riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata allo stabilimento siderurgico jonico, attesta la permanenza di un rischio sanitario residuo non accettabile relativo ad uno scenario di produzione di 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio, cioè la produzione attualmente autorizzata. Nel Rapporto di Valutazione del Danno Sanitario si indica infatti ” … per l’area del quartiere Tamburi, l’esposizione lifetime alle concentrazioni di PM10 di 1,61 μg/m3 è associata al rischio di sviluppare 2,7 decessi per tumore polmonare ogni 10.000 abitanti, in eccesso rispetto alla soglia definita di 1:10.000 (1 x 10-4). Analogamente … l’esposizione lifetime alle concentrazioni di PM2,5 di 0,77 μg/m3 è associata al rischio di sviluppare 1,9 decessi per tumore polmonare ogni 10.000 abitanti, in eccesso rispetto alla soglia definita di 1:10.000, anche considerando il limite inferiore dell’intervallo di confidenza del rischio relativo. Pertanto, considerando i criteri di accettabilità US-EPA, …per l’area del quartiere Tamburi, è necessario implementare interventi specifici finalizzati a ridurre l’esposizione della popolazione“.

 

E’ pertanto evidente, a nostro avviso, che la  valutazione preventiva dell’impatto sanitario degli impianti in esercizio, richiesta da Legambiente sin dal 2013 per stabilire in maniera scientifica quanto acciaio si possa produrre a Taranto senza rischi inaccettabili per la salute di lavoratori e cittadini, è necessaria e che l’azienda deve fornire la massima collaborazione per poterla effettuare. Siamo convinti che, se la questione dovesse essere portata all’attenzione della magistratura, essa ne confermerebbe l’obbligatorietà anche per Taranto, secondo l’orientamento all’origine della sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2019, ma passerebbero anni e anni per giungere ad una sentenza definitiva mentre è improcrastinabile fare tutto ciò che è necessario per evitare che produrre acciaio possa tradursi in nuove morti premature evitabili, da aggiungere alle tante in eccesso già rilevate fino ad oggi.

L’attuale produzione risulta drasticamente ridotta rispetto al passato ed è lecito presumere che possa verificarsi un grave, intollerabile peggioramento delle emissioni in caso di aumento della produzione, anche a causa dell’obsolescenza degli impianti o di una loro manutenzione inadeguata. Già oggi desta preoccupazione l’incremento delle emissioni di benzene rilevato e segnalato da ARPA Puglia.

 

Per Legambiente non c’è altro tempo da perdere: il Governo intervenga per obbligare l’azienda a fornire i dati necessari. Ad Acciaierie d’Italia ci sia consentito porre una domanda: se per voi tutto va bene, di cosa avete paura? 

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