Il piano B si chiama Genova. C’è un orizzonte alternativo per il futuro di Acciaierie d’Italia nel caso in cui le istituzioni del territorio Tarantino dicano no ad accordo di programma e nave rigassificatrice.
La tensione è altissima e cresce con il passare delle ore in vista del vertice a oltranza convocato dal ministro delle imprese Adolfo Urso a Roma martedì 8 luglio per la firma dell’accordo di programma. Nei saloni di Palazzo Piacentini si tenterà l’ultima mediazione tra il governo, la regione Puglia e gli enti locali di Taranto per trovare un’intesa sul documento: il governo, pronto ad allungare la seduta alla giornata del nove, se necessario, sarebbe preparando una nuova bozza con un accorciamento dei tempi per la decarbonizzazione ora prevista per il 2039, la realizzazione di due soli forni elettrici al posto di quelli a carbone, l’abbassamento della produzione a 4 milioni di tonnellate annue, la realizzazione di un desalinizzatore non più galleggiante, ma fisso.
E poi, il punto più importante: la nave rigassificatrice voluta dal gruppo azero Baku Steel non sarebbe più all’interno del molo polisettoriale ma in un’area vicina attualmente oggetto di studio con l’autorità di sistema portuale del Mar Ionio.
L’accordo di programma diventerebbe la base per l’autorizzazione integrata ambientale che sarà discussa a Roma nella conferenza dei servizi del 10 luglio.
Il no all’intesa potrebbe rovesciare il quadro: sono ufficiali i contatti avuti dal ministro Urso con il governatore della Liguria, Marco Bucci e la sindaca Silvia Salis.
Il diniego di Taranto potrebbe spostare i forni elettrici nello stabilimento di Genova Cornigliano, con una maggiore attenzione anche per gli stabilimenti di Novi Ligure e Racconigi.
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