ACCIAIERIE D’ITALIA: “PRONTI A PRESENTARE IL PIANO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA”

Le reazioni alla sentenza del Consiglio di Stato. Il sindaco: "L'Ordinanza un punto fermo"

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Acciaierie d’Italia comunica di essere pronta a presentare già dalla prossima settimana, insieme con i suoi partner industriali Fincantieri e Paul Wurth (ex Italimpianti), la propria proposta di piano per la transizione ecologica dell’intera area a caldo dello Stabilimento di Taranto, tramite l’applicazione di  tecnologie innovative ambientalmente compatibili e con l’obiettivo di una  progressiva e costante riduzione delle quote emissive, che vada anche oltre le attuali prescrizioni.

Il piano è un progetto di durata pluriennale allineato agli obiettivi di compatibilità ecologica stabiliti dall’Unione Europea per i target di impatto climatico ed energetico ed è suddiviso in più fasi tali da consentire la puntuale rilevazione dei risultati raggiunti.

L’obiettivo è la produzione di Green Steel nel nostro Paese.

Acciaierie d’Italia – conclude la nota – è disponibile a verificare la proposta di piano di transizione ecologica e trasformazione industriale con tutti i soggetti coinvolti, dalle Istituzioni alle Comunità locali, al Sindacato e agli Operatori dell’indotto.

LE REAZIONI ALLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Il sindaco Rinaldo Melucci
“Poca sorpresa sulla sentenza del Consiglio di Stato, al netto di alcuni passaggi sui quali sarebbe opportuno riflettere. Di certo oggi nessuno può sentirsi banalmente assolto.
Con la mia ordinanza abbiamo chiamato lo Stato alle sue responsabilità sul futuro dell’ex Ilva e sulla salute dei tarantini. Ora la palla passa alla politica e al Governo, bisogna dimostrare che l’Italia è un paese civile e coraggioso.
Dal canto mio ho, perciò, la coscienza a posto, ho fatto tutto quello che era nei poteri del sindaco per provare a difendere la mia comunità. La battaglia continuerà finché non ci sarà un tavolo per l’accordo di programma che sancisca la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento ionico”.
Rinaldo Melucci, Sindaco di Taranto
CONFINDUSTRIA

Di seguito la dichiarazione del rappresentante di Confindustria Taranto, Pietro Vito Chirulli, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, che di fatto annulla la richiesta del TAR di Lecce relativa alla chiusura dell’area a caldo dello stabilimento ex Ilva  di Taranto.

“Prendiamo atto del pronunciamento del Consiglio di Stato e accogliamo pertanto con favore il conseguente prosieguo dell’attività produttiva dello stabilimento. Ci aspettiamo, tuttavia, che da parte del Governo arrivino segnali chiari e celeri relativi al processo di ambientalizzazione del centro siderurgico, che tengano conto delle giuste istanze di tutela della salute che arrivano dal territorio e dagli stessi imprenditori che vi operano, così come dichiarato dai presenti al  sit -in di ieri a difesa della continuità dello stabilimento. Un chiaro “NO” alla chiusura purché si avvii finalmente l’iter che porterà alla cosiddetta transizione ecologica:  ammodernamento degli impianti ma soprattutto nuovi criteri di produzione che riducano drasticamente gli inquinanti”.

USB TARANTO
“Una sentenza politica, o meglio una sentenza che permette alla politica di avere altro tempo a disposizione per fare quello che avrebbe dovuto fare da tanto ormai: decidere su una questione scottante, ma che deve essere definita trovando la strada per tenere insieme salute e lavoro”. Secco il commento del coordinatore provinciale dell’Unione Sindacale di Base di Taranto, Franco Rizzo in merito alla sentenza con cui il Consiglio di Stato annulla la decisione del Tar di Lecce e quindi l’ordinanza con cui il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci ordinava lo spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico Arcelor Mittal.
“Per il Consiglio di Stato evidentemente non ci sono abbastanza elementi per poter decidere  di interrompere l’attività produttiva, così come viene condotta ora, senza rispetto per la salute intanto dei lavoratori, primi esposti alle emissioni inquinanti, e della cittadinanza. Viene così consentita ancora una volta la produzione, a favore del profitto, sulla pelle  della comunità.
Ci duole  notare che la recentissima condanna in primo grado, nell’ambito del processo Ambiente Svenduto, come l’avvio della nuova inchiesta che vede coinvolto l’ex procuratore di Taranto Capristo, sembrano, quantomeno in determinati ambienti, non aver generato alcuna consapevolezza sui concreti rischi per la  salute e sulle precarie condizioni di lavoro in fabbrica. Un modus operandi che si conferma anacronistico e del tutto improduttivo, e che soprattutto non tiene in minima considerazione la dimensione umana e la sua dignità.
Questa sentenza non può che essere letta come l’ennesimo appello alla politica perché non perda altro tempo e semplicemente decida. Si riunisca immediatamente il nuovo Cda e prenda di petto la situazione una volta per tutte.  La soluzione esiste: è quella da noi invocata da tanto ormai, e oggi condivisa da più parti: un accordo di programma che sia il frutto di un confronto serio e puntuale tra tutti i  soggetti interessati, perché si possa finalmente parlare di  riconversione economica, ma ancor prima – conclude Rizzo – etica e morale”.

 

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