Plenitude

RIFLESSIONI – “LA VIOLENZA NON HA GENERE”

UN CONTRIBUTO DI DANIELA LATANZA, DOCENTE E SOCIOLOGA

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 Iniziamo ad ospitare oggi sul nostro giornale online i contributi della sociologa Daniela Latanza che approfondirà di volta in volta tematica riguardanti le dinamiche affettive e la vita moderna. Stavolta parliamo di violenza tra i sessi: che non ha un’unica direzione.

di DANIELA LATANZA

Notizie di violenze, persecuzioni e omicidi che vedono vittime le donne hanno dato vita ad un vero e proprio fenomeno sociale estremamente alla ribalta. Questo è profondamente giusto e importante per sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni ad una efficace educazione affettiva.

Ma quando si parla di violenza, il sillogismo tra vittima di sesso femminile e carnefice di sesso maschile è quasi automatico. Tuttavia esiste un altro fenomeno, minimizzato e sommerso: la violenza contro gli uomini. I numeri non sono certo gli stessi, ma è giusto conoscere anche questa realtà. Da una ricerca ISTAT del 2018 è emerso che solo in Italia nel periodo 2015- 2016, circa 3 milioni 754mila uomini hanno subito abusi sessuali ad opera di altri uomini, ma anche di donne. I dati a disposizione sono difficili da reperire ed estremamente deficitari, perché a causa degli stereotipi di virilità, per paura e vergogna, molti uomini non denunciano. Il concetto di violenza sul sesso maschile va contro la percezione sociale e storica di questo periodo, si tratta di un fenomeno, un tabù che esiste e la cui portata è anche molto significativa. Non a caso in molti Paesi nascono dei centri antiviolenza per uomini vittime di violenza. Il tema della “violenza” ai danni del sesso maschile è applicabile a diverse dinamiche e situazioni. Il mio focus vuole oggi spostarsi sulla violenza psicologica ed economica, legata spesso a ricatti finanziari da parte di ex compagne nei confronti di uomini che vivono terribili vessazioni che cambiano radicalmente il corso della loro vita. Parliamo di un numero impressionante di uomini che, dopo separazioni e divorzi si ritrovano spesso senza una casa e in condizioni di indigenza a causa di assegni di mantenimento che, giustamente, devono elargire ai figli. Ma il punto non è tanto nelle somme di danaro da destinare alla prole o all’ex moglie, quanto nelle azioni di umiliazione e denigrazione che le ex mettono in atto per vendetta, fame di danaro. Spesso queste umiliazioni iniziano anche durante il periodo matrimoniale, per poi sfociare in forma estrema, dopo la separazione. Le donne che attuano questo tipo di atteggiamento attaccano la dignità personale della vittima, solitamente agiscono in modo sottile e costante. Nelle forme di controllo rientrano impedimenti o limitazioni agli incontri con le famiglie d’origine o ad attività esterne quali sport, hobby, amicizie o ancora pedinamenti, controllo degli spostamenti, messa in discussione della fedeltà con conseguente controllo del cellulare e della privacy della persona.

Queste violenze sono spesso accettate e quasi normalizzate dalla società. Altro fenomeno che si attesta su percentuali molto alte (parliamo del 40 per cento) sono le “false accuse” e le “false denunce”, soprattutto nell’ambito delle separazioni e dei divorzi. Diffuso in queste realtà, anche il fenomeno dell’ “alienazione genitoriale.” Spesso le donne utilizzano i figli come strumento di ricatto. L’alienazione genitoriale è un fenomeno in cui un genitore manipola il figlio per allontanarlo dall’altro, causando un grave danno psicologico al bambino ed ostacolando il rapporto tra il genitore e il figlio.

L’alienazione genitoriale è una vera e propria forma di abuso emotivo che può portare a conseguenze negative a lungo termine per la salute psicofisica non solo del bambino, ma anche del genitore rifiutato.

Le condotte alienanti possono includere la diffusione di informazioni false o negative sull’altro genitore, la limitazione del contatto tra il figlio e l’altro genitore, o la creazione di un clima ostile e conflittuale quando il figlio è con l’altro genitore.

In questo quadro è importante ricordare che le norme giuridiche vigenti tutelano i soggetti più vulnerabili come donne e bambini. Sarebbe dunque auspicabile dare maggiore tutela a quegli uomini che si trovano nelle situazioni di difficoltà precedentemente menzionate. Sarebbe, altresì, auspicabile che molte donne imparassero a superare sentimenti di frustrazione, di rabbia da abbandono o smodato desiderio di danaro, tutelando i loro figli e spesso la loro stessa dignità di donne che possono serenamente realizzarsi e vivere delle loro soddisfazioni personali, libere da sentimenti di rabbia e desideri di vendetta.

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