PREMI AD PERSONAM AGLI OPERAI, SINDACATI CONTRO ARCELOR MITTAL

Gratifica per aver tenuto accesi gli impianti nei giorni dello sciopero

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(AGI) Taranto, 10 ago – Provoca un nuovo, polemico strappo tra i sindacati metalmeccanici Fim Cisl, Fiom Cgil e Uil e ArcelorMittal, la decisione di quest’ultima di erogare ad un gruppo di dipendenti dello stabilimento ex Ilva di Taranto un premio economico per aver tenuto in marcia una serie di impianti, seppure al minimo tecnico, un mese fa. Erano i giorni in cui il siderurgico era bloccato per lo sciopero indetto dalle sigle sindacali dopo la morte del gruista Cosimo Massaro, travolto da una tromba d’aria insieme alla gru sulla quale operava sul quarto sporgente portuale.
“Apprendiamo dell’erogazione di un premio ad personam stanziato da ArcelorMittal ad alcuni preposti aziendali – dichiarano Fim, Fiom e Uilm – che, in occasione dello sciopero indetto a seguito della morte di un nostro collega, hanno operato in alcuni reparti dello stabilimento siderurgico per consentire la continuità produttiva”. Per le organizzazioni si tratta di “un metodo che tanto ricorda la cattiva gestione dei Riva che utilizzava la propria fascia di controllo per garantire la produzione anche in presenza di gravi carenze impiantistiche. Infatti, Fim, Fiom e Uilm già in quell’occasione avevano denunciato agli enti ispettivi l’utilizzo dei preposti in attività non di loro competenza”.    “Solo qualche giorno fa – rammentano le sigle dei metalmeccanici – è arrivata ai dipendenti la lettera, da parte dell’amministratore delegato, che esorta ad avere fiducia e speranza per il futuro industriale, ambientale e occupazionale del gruppo in accordo ad un nuovo modello manageriale. I contenuti della stessa lettera sono stati tempestivamente smentiti, facendoci ritornare ad un passato in cui la produzione ha sempre prevalso, anche difronte alla perdita di vite umane”.

“Fim, Fiom e Uilm – prosegue la nota – rimangono basiti da tale atteggiamento che continua ad allontanare i lavoratori e i cittadini da un’azienda che, da subito, ha mostrato il vero volto della multinazionale. Di fronte ad un evento tragico, quale la morte di un lavoratore – affermano ancora -, è ingiustificabile quanto avvenuto e, se confermato, il sindacato non può che prenderne le distanze e aumentare la conflittualità con chi non rispetta la vita umana”. Infine, per Fim, Fiom e Uilm “il ricorso al Tar, presentato in merito al riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, e atteggiamenti di questo tipo, non fanno altro che aumentare il divario tra la fabbrica e la città”.
Diverse le tematiche che vedono le organizzazioni dei lavoratori e azienda su fronti opposti: Conferma della cassa integrazione ordinaria per 1400 addetti su 8200 addetti dello stabilimento di Taranto, nonostante i sindacati avessero chiesto di soprassedere per un esame della situazione al Mise; nessun impegno di rilancio industriale, per ora, sui tubifici, che sono inattivi, e rifacimento dell’altoforno 5, spento da anni; nessuna iniziativa verso l’autorità giudiziaria per i lavori di sicurezza all’altoforno 2 che, sequestrato di nuovo senza facoltà d’uso, rischia di essere fermato a fine settembre; ricorso al Tar contro il riesame Aia disposto dal ministero dell’Ambiente e ora premi ad alcuni dipendenti che hanno mandato avanti gli impianti dopo l’incidente mortale del 10 luglio. Questi i diversi fronti di contestazione aperti dalle sigle sindacali nell’ultimo mese e mezzo verso ArcelorMittal. A ciò si aggiunga anche lo strappo con le due principali istituzioni locali: Comune di Taranto e Regione Puglia. Per l’incidente mortale di un mese fa, nove persone fisiche sono indagate per l’ipotesi di reato di omicidio colposo (tra cui il direttore dell’area a caldo Michel Stefan Van Campe, top manager ArcelorMittal) e la stessa azienda è indagata per la legge sulla responsabilità delle imprese. (AGI)
TA1/DPG

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