L’OLOCAUSTO DIMENTICATO

Le sofferenze del popolo rumeno, le deportazioni dei filocomunisti: una storia poco divulgata. Riemerge con Dova Cahan in “Un ashkenazita tra Romania ed Eritrea”, il libro presentato nei giorni scorsi a Taranto

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di PAOLO ARRIVO

Si definisce “Shoah”, ovvero catastrofe, la persecuzione degli ebrei perpetrata nel corso dell’intera storia della Germania nazista. E particolarmente dopo il 1938, quando ebbe inizio il piano di “arianizzazione”. La storia è documentata, abbondantemente affrontata nei testi scolastici, nel cinema, nell’arte. Mai troppo, in realtà, se alcuni studenti oggi dimenticano di legare la figura di Adolf Hitler a quella della Shoah…

C’è poi uno sterminio ai più poco noto: la Shoah in Romania, Paese membro dell’Unione europea, un tempo alleato della Germania.

Per anni la questione è stata fuori del dibattito storiografico. Del genocidio fu responsabile il Governo romeno che, durante la seconda guerra mondiale (1939-1945), intraprese azioni violente nei confronti della popolazione ebraica. Le vittime furono numerose: centinaia di migliaia. Lo attestano fonti moderne. Basti pensare al più cruento “Pogrom” della storia ebraica, quello di Iasi (28-29 giugno 1941), che diede la morte ad almeno 13mila persone, per mano delle autorità.

Il Giorno della memoria è ricorrenza celebrata il ventisette gennaio di ogni anno. Ma riteniamo che ogni giorno, avvenimento, circostanza, siano utili all’approfondimento e al dibattito. Lo stesso libro di Dova Cahan, la scrittrice israeliana che ha fatto visita a Taranto, affronta la tematica con coraggio. Sebbene sia centrato non sull’antisemitismo o sulle leggi razziali, ma sul comunismo, fonte della diaspora.

Complessivamente, tra gli ebrei rumeni, le vittime furono tra le 350 e le 400mila. Numeri spaventosi per l’Olocausto “dimenticato”, come lo ha definito il rabbino capo Alessandru Safran. Colui che ha salvato 11mila ebrei dai lager.

Va ribadito che la condanna dell’Olocausto deve essere unanime. E come sostengono i negazionisti, coloro che non negano il fenomeno oggetto di esame, non si può procedere ad una classificazione dei genocidi. Sarebbe controproducente farlo. Perché i genocidi sono tutti negativi, allo stesso grado. E occorre vigilare perché, parafrasando Levi, ciò che è avvenuto in passato può ripetersi, in tempi nuovi. Sotto mentite spoglie, magari.

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