La scelta e le scelte dell’avvocato
L’obbligatorietà del preventivo: parla il presidente dell’Ordine, Vincenzo Di Maggio
All’indomani del D.L. 201/2011, mi preoccupai dell’impatto sulle libere professioni della misura legislativa, degli innegabili riflessi che essa avrebbe comportato nello e sullo svolgimento dell’attività dei miei Colleghi e, per gli effetti circa le ragioni (se ragionevoli o meno) che erano sottese e avevano determinato il Legislatore ad intervenire in siffatto modo.
Pertanto, così scrivevo:
“Quando un avvocato si imbatte nella peggior tecnica legislativa degli ultimi 2000 anni e deve dimenarsi in una giungla di norme che, nel breve volgere di pochi mesi mutano, più volte, assetti, procedure consolidate, codici, regole di vita, atteggiandosi a vero tsunami della sua professione, egli non può far altro che riordinare le idee, capire cosa accade “in coming” e cercare soluzioni al proprio viver quotidiano, proiettandolo, per quanto possibile, nel futuro.
Ma se un tempo a regnare sovrana sull’imperscrutabile mondo della sorte era l’incertezza “illuminata” dalla saggezza e dalla sapienza, oggi, degni del miglior Virgilio, magnificamente descritto da Dante nel secondo canto dell’Inferno, gli avvocati son sempre più “tra color che son sospesi”.
Tale convinzione, si è poi radicata ancor più una volta appreso, dal Decreto cd “salva Italia”, che “per l’accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale”.
Allora, siccome sono un patriota convinto, schietto nel voler contribuire, con spirito di sacrificio, alla salvezza del proprio Paese, con sincera autocritica mi sono detto: “saranno stati gli Avvocati a determinare la crisi finanziaria Italiana (e fors’anche quella dell’Euro), a comprimere il Pil, a determinare la vertiginosa ascesa dello spread, chiusi a riccio nell’insana difesa dei loro privilegi di casta, monoliticamente aggrappati alle loro inespugnabili prerogative: novelli stregoni e sacerdoti dei saperi!
Poi ho consultato le statistiche e i riscontri che la matematica può offrire ed ho scoperto che:
nel 2010, in Italia, gli Avvocati iscritti negli albi professionali erano 216.728, di cui 119.200 uomini e 97.528 donne (pari al 45%);
gli Avvocati iscritti alla Cassa nell’intero distretto di Lecce erano 5.266. Solo nel Circondario di Taranto 1.636: il che mi porta a ritenere, conoscendo il numero degli iscritti al nostro albo (ad oggi, 3100 circa) che gli avvocati nel solo distretto di Lecce abbiano superato le 10.000 unità (un quarto di tutti gli avvocati francesi);
L’evoluzione del reddito medio dichiarato ai fini Irpef degli avvocati iscritti alla Cassaforense nell’ultimo triennio è pari a – 6,8 % (in Puglia – 6,5%);
In Puglia, ci sono 5 avvocati ogni mille abitanti (includendo in essi neonati ed ottuagenari);
le iscrizioni all’albo degli Avvocati sono cresciute (sino al 2009) del 5%, mentre il tasso di crescita della popolazione residente è pari allo 0,6%.
Poi mi è capitato di leggere le Linee di fondo alla Relazione sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2010, predisposte in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2011 e lì trovo puntuale conferma ai dati in mio possesso (Fonte Cassaforense).
In tale sede Ernesto Lupo, primo presidente di Cassazione ha così stigmatizzato la situazione giudiziaria Italiana: “Più in generale, non si può ignorare un’anomalia che ci caratterizza rispetto ad altri Paesi: l’elevatissimo e crescente numero di avvocati. Secondo il rapporto della Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio d’Europa dell’anno 2010, il rapporto giudici/avvocati, nel 2008, era in Italia di 32,4 avvocati per ogni giudice, in Francia di 8,2 e in Inghilterra di 5.
Anche nel rapporto avvocati/abitanti, l’Italia surclassa la Francia con 332 avvocati per 100.000 abitanti, contro 75,8 della Francia.”
Sulla base di queste incontrovertibili verità mi sono a questo punto detto: “e mò chi glielo racconta a Monti, Catricalà e Passera? Cosa ci sarà mai da “liberalizzare” in questo panorama di “liberalizzati” per indole, tendenza e definizione?
Se è questa la buona fede che ha accompagnato i “virtuosismi” dei “professori” probabilmente, con un “decretino” ci attribuiranno anche la colpa di impedire, il 19 settembre, il ripetersi del prodigioso zampillio, nelle sacre ampolle, del sangue di San Gennaro ! Attonito e terrorizzato da questa amara considerazione ho poi proseguito nella lettura del “Salva Italia” ed ho appreso che, sempre per spirito patriottico, il compenso spettante al professionista dovrà essere pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista sarà tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico…; … a tutela del cliente, il professionista sarà tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Il professionista dovrà, infine, rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Non contenti di aver colpito nel centro il bersaglio, essi (i Professori) si sono poi premurati di dare, come nei più efferati crimini, il colpo di grazia. Ed ecco così nei successivi decreti attuativi “minacciati” dalla L. 148/2011, sviscerare ingenerosamente tutta la loro “indisponibilità” possibile nei confronti degli Avvocati e dell’Avvocatura. Per cui, non rimane altro da fare che prendere atto della definitiva consegna dell’indipendenza dell’Avvocatura nelle mani della Magistratura attraverso 1) la determinazione del compenso rimesso alla mera discrezionalità dei Giudici, (nessun obbligo di motivazione essi avranno per non essersi attenuti ai parametri), la scelta ad opera del Presidente del Tribunale dei componenti dei Consigli di Disciplina che, all’insegna della massima sfiducia, tanto scomodamente quanto irragionevolmente, sono stati istituiti “itineranti”. Mi sono chiesto che cosa sarebbe successo nel caso in cui, sempre per decreto, avessero ridotto del 40% i compensi dei Magistrati e disposto che i componenti dei loro organi disciplinari fossero rimessi al vaglio dei nostri COA: avrebbero sventolato con prontezza il solito vessillo dell’attacco alla Costituzione ed allo Stato Democratico, abusato alibi di tutte le vere lobby! Quando poi leggo che i Notai hanno conservato, a questo punto ingiustificatamente, per intero ogni loro prerogativa, viene a rafforzarsi ancor più il convincimento su quanto trapela più o meno velatamente dal coacervo delle manovre e manovrine: gli Avvocati avevano da pagare il peccato originale, la loro autonomia e indipendenza, presidi di libertà, naturali e logici contrappesi in uno stato liberale e garantista delle libertà, oggi, entrambi visti come ostacolo alla sollecita definizionebdelle liti, epperciò da immolare sull’altare ed in nome del mercato e della concorrenza. Quindi, era giusto annullare tali garanzie, subordinandole in favore di altre cate- gorie formate da professionisti giusti, saggi, equilibrati ed illuminati … per concorso! Tanto più che, così facendo, il costo, visto a ribasso, dei compensi di tutti i professionisti avrebbe consentito i soliti noti potentati (banche, assicurazioni & co) di ridurre considerevolmente le spese se non a dotarsi di autonome unità aziendali, di cui magari essere soci, impiegando avvocati sottratti a quelle incompatibilità, ritenute da essi ostacoli al libero mercato, e non corollari di professionalità. Ed ecco le ragioni di oscure disposizioni transitorie che lasciano aperte crepe alla libera interpretazione circa la retroattività di queste norme che, a mio parere sarebbe tanto scandalosa quanto illegittima.
A questo punto non posso fare a meno che pormi due interrogativi che ronzano rumorosamente nella mia testa: – passi per il contratto e la rivisitazione delle abitudini degli avvocati, ma quando esso era improspettato ed improspettabile, come sino a ieri, come ritenere di applicare a tali giudizi (in corso) una liquidazione dei compensi anch’essa im-prospettata ed improspettabile, quando sono sorti, che anzicchè essere adeguata al costo della vita, viene oggi decurtata del 40%? – e se per decreto avessero operato l’abolizione dei CNL, con la precisazione che i lavoratori subordinati, dall’oggi al domani avessero dovuto sottostare ad ogni determinazione vista a ribasso del 40% del loro TFR e concordare, peraltro singolarmente, volta per volta, il loro salario per non sottostare ad identica “tagliola”, cosa avrebbero detto i soliti tutori delle “parti sociali” e dei “lavoratori” dalla cui nomenclatura i liberi professionisti sono sempre esclusi? C’è da aggiungere, per citare tutti e non far torto a nessuno, che tale, a dir poco ingenerosa prospettazione, è stata sostenuta, da pareri farciti di demagogia e menzogne, sviscerati dal garante della concorrenza e del mercato, il quale leggendo “a singhiozzo” la giurisprudenza comunitaria che, invero, giustificava e premiava minimi tariffari ed indipendenza degli ordini, ha sposato le sopraesposte finalità. A questo punto, atterrito e frastornato, ho cercato di far di necessità virtù e aiu- tandomi con il mio inseparabile powerpoint, dopo aver scomposto i “decretini” permeglio comprenderne asperità, astrusità ed insidie, ho suddiviso ogni indagine in due ebook. Nel primo ho preso in considerazione le novità che riguardano gli aspetti più strettamente legati al new deal ordinistico ed ai nuovi assetti professionali. Nel secondo, invece, quanto riguarda il compenso: dalle tariffe ai parametri, attraverso il contratto. Poco fiducioso delle liquidazioni operate dai giudici, soprattutto se svincolati dai “paletti” una volta costituiti dai minimi tariffari, ritengo infatti, che ogni forma di tutela per questo Avvocato, così tanto maltrattato, vada riposta nel contratto che, ai sensi degli artt. 2222 e segg.ti c.c. regola il compenso professionale. Ho pertanto, nel secondo ebook approntato alcune bozze di contratto, tese a disciplinare le tipologie a me professionalmente più vicine (si noterà la siderale distanza che mi impedisce un agevole approccio con il mondo del penale) ed a offrirle, come base di discussione, ai miei Colleghi, con l’umiltà di chi vuole approfittare del confronto per crescere e la speranza che un’improvvisa aura di saggezza mista a benevolenza porti chi sovraintende alle nostre vicende a riconsiderare la nostra sorte ed a (r)assicurare il nostro futuro”.
Prendevo, in seguito atto che, melius re perpensa, ci era stata risparmiata la cd. “obbligatorietà” del preventivo e del contratto pattuito “per iscritto”, sostituendo le perifrasi con una sibillina “a richiesta della parte” e “nelle forme previste dalla legge”, poi che gli Ordini venivano nuovamente ritenuti (bontà loro) capaci di scegliere i rappresentanti all’interno dei Consigli di Disciplina, così sottraendo tale nomina ai soli (e soliti) tutelatori dei diritti, gli unici capaci, per concorso, di essere ritenuti dall’altrettanto solito Legislatore giusti, equi e capaci: i Magistrati. Purtroppo, nulla veniva disposto, nonostante ogni più che giustificata richiesta che proveniva, uti singuli e uti cives, dall’intera Avvocatura, in merito alla reintroduzione dei minimi tariffari, attraverso il cd equo compenso. Non contenti di aver ridotto 250.000 Colleghi in semi schiavitù, alla mercede di dei poteri forti, veri artefici degli ultimi vent’anni della politica italiana, l’Avvocatura, immiserità e smarrita, incapace di trovare valide contromisure dirette a rivendicare, con forza e coraggio, quanto dovuto di diritto, oggi subisce l’ennesimo smacco. Infatti, sempre al servizio dei soliti noti, pervasi dal linguaggio evergreen1 da sempre al servizio di questo legislatore incosciente, viene oggi introdotta con il solito decreino la possibilità dell’ingresso del cd socio di capitale all’interno delle società professionali e, soprattutto, reintrodotta l’obbligatorietà del preventivo. Ora, tralasciando ogni problematica legata alle vicende connesse alle società professionali, sforzandomi di trovare ed offrire soluzioni stimolate dall’ineffabile provvedimento “balneare” ho rimodellato in virtù delle novelle introdotte, quanto a suo tempo pubblicato per il mio comodo e di chi riterrà, bontà sua, adottare strategie similari. Pertanto, mi sono chiesto dapprima cosa significa “obbligatorio” soprattutto sulla scorta della giurisprudenza di merito (ed invero della successiva di legittimità) che spinge sempre più il Giudice ad assimilare la prestazione dell’avvocato come obbligazione di risultati anzicchè di mezzi e vede nelle cd informative criteri di annullabilità del contratto stipulato tra professionista e cliente. Ho poi ravvivato modalità e strategie nel cercare di difendere il compenso, ancorchè pattuito, dalle insidie di chi ti adora quando ne difendi gli interessi e ti odia e disprezza quando deve compensare il tuo lavoro e, nel contempo, tenere lontani i soliti perditempo che spesso e volentieri affollano le sale d’attesa, i quali forti dell’obbligatorietà, sono convinto sempre più numerosi busseranno alle nostre porte alla ricerca dell’ottimizzazione dei loro interessi a scapito del nostro tempo e della nostra pazienza.