DURO COLPO ALLA PESCA DI FRODO DEL “BIANCHETTO”

Operazione della Guardia Costiera. Trovati anche ricci, poi reimmessi in mare

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Un duro colpo è stato inferto, nei giorni scorsi, dalla Guardia Costiera di Taranto, al comando del Capitano di Vascello Giorgio Castronuovo, alla pesca di frodo in particolare di novellame di sarde, meglio noto come “Bianchetto”, attività illegale che causa danni irreparabili all’ecosistema marino.
Gli interventi condotti lungo tutto il territorio di giurisdizione, da Campomarino al versante della Basilicata jonica, con l’impiego di diverse pattuglie via terra assistite dai dipendenti  mezzi nautici, ha infatti portato i militari ad accertare in distinte occasioni la pesca illegale di quasi una tonnellata del prodotto ittico comunemente noto come “bianchetto”, prodotto che nella gran parte dei casi era destinato ad essere immesso in commercio in diverse aree del territorio nazionale.
I trasgressori sono stati tutti sanzionati amministrativamente per un importo complessivo di circa 70.000 euro di sanzioni, mentre il prodotto illegalmente pescato è stato sequestrato.
L’attività ora citata fa parte di una più estesa operazione di contrasto alla pesca di frodo, che da diverse settimane ormai, vede massicciamente impegnata questa Capitaneria di porto – Guardia costiera, anche con finalità di tutela della salute pubblica e di salvaguardia del relativo mercato commerciale.

Sempre l’operazione in discorso ha consentito di sequestrare oltre 18.000 esemplari di echinodermi, della specie ricci di mare, catturati illegalmente, unitamente alla relativa attrezzatura utilizzata, comminando sanzioni amministrative per oltre 50.000 euro. Tutti gli esemplari di riccio sono stati immediatamente reimmessi in mare perché ancora in vita.
L’ operazione condotta, che ha voluto dare voce anche alle tante segnalazioni giunte al Comando da cittadini  particolarmente attenti alle problematiche ambientali del nostro mare, conferma purtroppo l’ampia diffusione di queste pratiche illegali, che sebbene da un lato rappresentino, talvolta, finanche una sorta di “valvola sociale” per la sopravvivenza, in un contesto economico sempre più difficile,
dall’altro non fanno che compromettere e danneggiare sempre più gravemente l’intero ecosistema marino locale, con la conseguenza di impoverire ulteriormente le già ridotte risorse biologiche.

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