AMBIENTE SVENDUTO, OGGI LE RICHIESTE

Ci saranno le richieste della pubblica accusa

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Sono attese per il tardo pomeriggio di oggi le richieste della pubblica accusa al processo “Ambiente Svenduto” in corso davanti alla Corte d’Assise a Taranto. È il processo con 47 imputati, 44 persone fisiche e 3 società, che riguarda i reati riconducibili all’Ilva gestita dal gruppo Riva. Un periodo antecedente al commissariamento dello Stato avvenuto nel 2013. Il processo in Assise arriva alle richieste dei pm dopo più di 8 anni (luglio 2012) dal sequestro degli impianti dall’area a caldo da parte del gip di Taranto, su richiesta della Procura, ed una serie di arresti. Quattro i pubblici ministeri nel processo. Hanno già parlato Mariano Buccoliero, per 7 udienze, e Remo Epifani. Oggi completerà il suo intervento il pm Giovanna Cannarile per lasciare poi la parola al collega Raffaele Graziano. Quindi arriveranno le richieste dell’accusa alla Corte presieduta da Stefania D’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini.  Tra gli imputati, gli ex proprietari e amministratori del gruppo siderurgico Fabio e Nicola Riva, l’ex presidente Ilva, Bruno Ferrante, l’ex dipendente Ilva Girolamo Archinà, usato dai Riva per i rapporti con politica, Regione Puglia, enti locali e pubblica amministrazione, l’ex direttore del siderurgico di Taranto, Salvatore Capogrosso. Coinvolti anche ex dirigenti e attuali dirigenti del siderurgico, rimasti in azienda anche con l’arrivo del nuovo gestore ArcelorMittal. Coinvolti, inoltre, gli ex presidenti della Regione Puglia, Nichi Vendola, e della Provincia di Taranto, Gianni Florido, e l’ex sindaco di Taranto, Ezio Stefàno. Disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, sono alcuni dei gravi reati contestati. Dopo i pm, il calendario processuale andrà avanti con parti civili e difensori degli imputati. La sentenza di primo grado é attesa prima dell’estate prossima. Nella sua lunga requisitoria, cominciata l’1 febbraio, il pm Mariano Buccoliero ha duramente attaccato l’intera gestione Riva, affermando che avevano solo la logica del profitto e della produzione, trascurando del tutto gli interventi ambientali e di tutela della sicurezza e della salute che erano necessari ed evidenti sin dal 1995,quando i Riva presero gli stabilimenti dall’Iri. Buccoliero ha definito l’Ilva di Taranto “un impianto sulla carta” chiarendo che tutto era scritto sui documenti ma inesistente nella realtà. Anche gli atti di intesa, impegni assunti dall’Ilva verso gli enti locali circa gli interventi da fare in fabbrica, erano ripetitivi, ha dichiarato il pm. A distanza di anni, ha sostenuto Buccoliero, mettendo a confronto il primo atto di intesa con l’ultimo, si ritrovano le stesse cose. Buccoliero ha anche contestato l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dal ministero nel 2011, descritta come frutto delle pressioni dei Riva e assolutamente inadeguata rispetto a quello di cui la fabbrica – definita dal pm “un iradiddio” in quanto a inquinamento – aveva fortemente bisogno. Infine il pm Buccoliero ha anche criticato il ruolo dei consulenti incaricati dalla Procura per il supporto all’indagine, che, asseverando tesi false su pressione degli stessi Riva, sono venuti meno  al loro “dovere e obbligo di verità” ed hanno consentito che inquinamento, malattie e morti proseguissero dal 2009 per altri tre anni, sino al 2012,quando poi scattò il sequestro penale. (AGI)

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